di Viola Ardone
(Einaudi, 2021)
Si legge tutto d’un fiato l’ultimo romanzo di Viola Ardone, anzi “a scattafiato” come è sempre la corsa di Oliva quando é per strada nel suo paesino di una Sicilia degli anni ‘60, che può apparire così lontana nel tempo e nello spazio.
“Per questo in strada vado sempre di corsa: il respiro dei maschi é come il soffio di un mantice che ha mani e può arrivare a toccare le carni. Così io corro con il mio corpo da maschio e il mio cuore da femmina, corro per tutte le volte che non potrò più, per le mie compagne con le scarpe chiuse e le gonne lunghe, capaci solamente di camminare a passi corti e lenti, e pure per mia sorella, che é rimasta tumulata in casa come una morta ma ancora viva”. Oliva è sulla soglia dei suoi sedici anni negli anni ‘60 in una Sicilia in cui le ragazze sono soggette a un destino che deve rispondere a regole ferree come quelle che le impartisce la madre. “Le regole del marchese sono: cammina a occhi bassi, riga dritto e statti in casa” “le regole del matrimonio sono: metti il vestito bianco percorri la navata fino al prete e dici sì”.
Regole dettate dallo sguardo degli uomini così intrusivo, giudicante, abusante e violento che diventa norma di comportamento introiettata dalle donne.
Norme di comportamento che comunque non preservano Oliva e la sorella dalla prepotenza predatoria del maschio e dalle violenze domestiche, che non solo sono frutto di un sistema culturale e sociale, ma sono anche protette e garantite da leggi dello Stato. Le famigerate leggi 544 e 587 dette “del matrimonio riparatore” e del “delitto d’onore”, retaggio del Codice Rocco, che vennero abolite solo nel 1981 (dopo l’abrogazione del reato di adulterio nel 1968; dopo la legge sul divorzio nel 1970, la riforma del diritto di famiglia nel 1975 e la legge sull’aborto nel 1978).
Ma ben prima della legge fu la determinazione di giovani donne come Franca Viola e la nostra protagonista a modificare nel profondo mentalità e comportamenti rifiutando il matrimonio riparatore e un destino scritto nella società in cui erano cresciute.
Oliva trova il suo riscatto nella scuola e nello studio in particolare delle parole. “A me piaceva il vocabolario: dentro c’erano tanti termini sconosciuti che servono a formulare quei pensieri che una ha in mente ma non sa spiegare”.
L’autrice si diverte a far usare alla protagonista termini dotti (spesso mal compresi dal suo contesto famigliare) ma anche espressioni dialettali proprie di un lessico famigliare che ci suggerisce la sua formazione letteraria.
Per Viola Ardone, il libro del cuore, quello che l’ha liberata, è “Lessico familiare” di Natalia Ginzburg.”So che può sembrare una scelta strana perché non è un libro di avventura – dice Ardone intervistata da Raffaella De Santis all’Arena Robinson – ma un libro che racconta una storia ambientata dentro quattro pareti. Eppure in quella dimensione privata si trova una libertà che aiuta la protagonista a uscire di casa, a muoversi nel mondo”.
”Lessico familiare ha liberato in me la voglia di scrivere – continua Ardone . Quando ho capito che anche la mia cameretta, casa mia, mia madre potevano diventare oggetto della mia narrazione, mi sono sentita più sicura. Del resto è quello il segreto, cominciare da quello che è più vicino”. (Repubblica del 05/12/2021)
Il riscatto per Oliva sarà possibile anche grazie ai suoi rapporti di amicizia in particolare con la figlia emancipata del comunista del paese ma anche grazie al tenero e complice rapporto con il padre, la cui figura di uomo silenzioso, pacato e civile si distacca in modo toccante dal modello maschile dominante fondato su possesso, prepotenza e violenza.
Giuliana Peyronel